Mariella Bettarini - Gabriella Maleti
da Nursia (1988-1991)
Ediz. Gazebo, Firenze, 2000
A Norcia
Questa volta è una città con molti sobri palazzi, molte chiese, mura a
cingerla, porte d'ingresso (e d'uscita): antiche e - spesso - solenni. Ma,
ancora una volta, l'umbra città è un luogo di pietre, talora persino
campestre, rustico (un po' Lazio, un po' Abruzzo, ci pare), impregnato
d'umori montani, di sentori di selvatici armenti; mosso da un nugolo di
terremoti a rendere dubitosi palazzi e absidi, cornicioni e sagrati, mura,
porte.
Siamo arrivate più volte a Norcia per via di percorsi elettivi (non vi si
arriva per caso), tra Valnerine e Cascie medioevali e montagne. Ancora un
nostro viaggio privato, ostinato, un po' più lontano da casa, noi dal centro
sempre remote, sia che si tratti di etruschi ipogei, di diruti battisteri
romanici o di antiche città. (Chi ci legge forse ricorda Etrusca-mente,
con cui, tra l'altro, nel 1984 - or sono sedici anni - si è aperta
l'"avventura" delle Edizioni Gazebo).
L'anno dopo (nell'85) fu la volta de Il viaggio: a trentadue poesie
di Gabriella, Mariella replicava con altrettanti testi, a "responsorio",
pagina dopo pagina, una voce a destra, l'altra a sinistra. Allora
scrivevamo: "Questo libretto a quattro mani è un'opera rara. Raramente,
difatti, avviene d'imbattersi - nell'avaro, competitivo panorama culturale e
poetico odierno - nel coraggio e nella volontà di un reale, diretto
incon-tro/confronto tra due poeti, tanto più se coetanei e contigui. Noi
l'abbiamo sperimentato, tentato. Lo suggeriamo ad altri, ad altre. La
individua poesia non ne verrà affatto diminuita".
E la bambina malata, il fabbro, la vecchia di via Anicia, il cane, la
gallina, l'albicocco, la solenne luce di Norcia ci hanno - ancora una volta
- entrambe accompagnato lungo un percorso che (all'apparenza esteriore a
noi, a noi estraneo) è, in realtà, ciò che di più intimo, intemo si possa,
andando o restando, trovare, se trovare e trovarsi sono (come sono)
sinonimi. Allora Vetulonia, Sant'Appiano o Nursia sono, in definitiva,
molteplici identiche facce del nostro terreno peregrinare - storia, poesia,
arte, conoscenza, natura congiunte - e noi non siamo che il nostro cercare,
cercarci, e il nostro spaesato trovare.
Le autrici
P.S. Il libro esce dopo quasi un decennio da quando è stato scritto. Anche
questo viaggio non è, in definitiva, che la metafora di un altro Viaggio
(della mente, dell'anima), che - se principia - non ha più fine.
Notizie storiche su Norcia
Le notizie storico-artistiche presenti nelle poesie che seguono sono tratte
dalla Guida di Norcia e del suo territorio di Salvatore Petrini e
Romano Cordella (Comitato "Una mostra, un restauro", Norcia, 1978), che
fornisce anche la piantina della città. Il percorso che si può seguire
attraverso i testi è, invece, frutto di una scelta che, naturalmente, ha
tenuto presente i palazzi, le chiese, i monumenti principali, le mura e le
otto porte della città.
Norcia (la romana Nursia) ebbe dapprima chiare impronte etrusche, quindi vi
si insediarono i Sabini. Del 290 a.C. è la conquista romana: all'inizio
prefettura e poi municipium, la città fu regolata da magistrati
sabini, gli octoviri. È del 99 a.C. uno dei primi rovinosi terremoti.
Schieratisi dalla parte di Antonio contro Ottaviano, i nursini subirono
l'espugnazione della città nel 41 a.C. Sotto Augusto, gravati da forti
tributi di guerra, molti furono costretti all'esilio. Florido fu, invece, il
periodo del dominio di Vespasiano, la cui madre, Vespasia Polla, era di
Norcia.
S. Scolastica e S. Benedetto vi nacquero nel 480 circa. Caduto l'impero
romano, i Goti dapprima, i Longobardi e infine i Franchi ne occuparono il
territorio per tutto l'alto Medioevo.
Dopo il Mille, Norcia divenne libero Comune, e il suo territorio si espanse
notevolmente.
Il secolo XTV fu un periodo di forti lotte contro i tentativi di sopruso da
parte dei comuni confinanti, ma soprattutto da parte della Chiesa.
Catastrofico il terremoto nel 1328.
Importante per Norcia il XV secolo, sia per i drammatici passaggi di orde di
ventura, sia per la prosperità dei commerci (manifatture, armenti, suini),
ma soprattutto per il rafforzarsi del sentimento di libertà, che portò la
città a ribellioni e lotte inesauste contro l'ingerenza della Chiesa. Nel
1554 fu innalzata la Castellina, in segno di (solo apparente) sottomissione
al Papa e al legato di Perugia.
Nel '700 ancora due tremendi terremoti. Si estende la fama di Norcia come
città nemica dei bizantinismi giuridici e letterari.
Dal 1809 al 1814 la città fece parte dell'Impero francese. Colpita da una
carestia (1854) e dal colera (1855), Norcia fu ancora distrutta dal
terremoto nell'agosto del 1859. Il 18 settembre 1860 il plebiscito sancì la
sua unione al Regno d'Italia.
* *
Bettarini
Prologo
è la maniera in cui si presenta
per sempre (le mura le porte)
che poi s'imprime nella mente
e non ne esce
a darle quella baldanza - quella
impronta che subito balza su
solida più di tutte le altre -
a riassumerle in sé tutte quante -
quante città - quante
ne ho vedute ne ho viste -
a raccoglierle tutte chi sa perché
(le mura le porte)
e dire che l'ho veduta non più
di tre volte (e l'ultima di striscio)
ma bastano (o no?)
per cominciare a costruirsela addosso
così com'è - decostruita distrutta
e forse anche perché mi somiglia
anche perché
sono una lesta portatrice di città
come quei santi
che in certi affreschi del Trecento
mostrano turrite urbi sopra vassoi
chiuse da mura (bellicose cattive)
così come tu sei aperta innocua
labirintica persa capillare città
di terra e fuoco - d'aria e d'acque
ora che si abbreviano d'ore i tempi
e s'affaccia su essi lo stadio della polvere
e al solleone i resti delle campagne -
dei giorni - delle voci che si smorzano
e si salta giù dal sicomoro
a chiedere se il pero ha fruttato
o dalla scala a domandare se c'è acqua
e c'è silenzio
e non c'è nessuno
e nessuno risponde
Maleti
Prologo
Più si anima e rimette scorza (o razza)
par che si spolmoni il piede
e in questo sacrosanto voler peregrinare
la mia connessura con un certo
mille milledue edificato e antecedente
si fa natura.
Ecco allora la città con le sue ossa
passato circuito da me e indenne
che percorro di cerchio e di spola
come chi vede la propria struttura
e qui tutto mi somiglia per silenzio
e fortificazione
e per terrena ventura
venuta fin dove a portare
dopo incisi e gobbe
ciò che di me tu porti
qui nell'umbra impalcatura
dove (dico) pare si salvi la vita
per l'asimmetrico che si rifugia atemporale
e poi l'improvvisa fontana balza
e un rider quatto di superstiti
e di noi - apparenti soccorritori
ma soccorsi -
intorno a un suffragare muto.
* *
Bettarini
Palazzo Fusconi (ora Coccia)
XIX
antiquata familia de' Fusconi
archiatri
monaci generali magistri
de la milizia de Santo Nazaro
pulzelli
donne (parte desmentecata) e forse
l'idiota (il Santo) del villaggio di cui niuno
discorre
che a raggio zoccolava
mangiando zuppe entro stanze viola
fili di fieno masticando
grumi di fulgidi tabacchi
brume portando negli sguardi fulvi
e nelle chiome pruni
prono assiso giacente loquace
di spropositi
cupo leporino languente
ridente equino popolo
d'un popolo di niente
Maleti
XIX
Nel giorno cardato
dove all'intorno niente di noi
viaggiatori viene da noi eluso o taciuto
ecco un palazzo dar conto
di quanto avvenne a S. Lazzaro
e ciò che più ammutola
e lì ci scolora
- tali alberelli, noi silenti
né vita intorno -
è il passare bendato di chi
dolentissimo
fruscia e trascina via, per via
gli arti bendati ascosi e mozzi,
e Barnaba monaco di detto Fusconi palazzo
accoglie in Valloncello,
e costoro così fatti più sacri
- certi cani odoranti appresso -
giungono in colonna bigia e lercia
da strapazzo
ritraendo pare le loro malefatte
mentre verosimilmente ciò che coprono
si dice verrà esaltato.
* *
Bettarini
Palazzo Bucchi-Corazzini
XXXIV
il pomo (è) proibito?
e il rettile chi è?
secoli - secoli e lustri -
lustri per adiuvame il
corso
per reggerne la fabbrica
("Deo adiuvante''} sostenerne i portali
con il motto - il trigramma
berardiniano sull'architrave
faccia - gotto - basella
votiva - lastra
lastra con stemma
"Hic iacet…"
Maleti
XXXIV
Manovrato a mezzo giro il corpo
come un'ostrega di imbarcadero
ecco (alle spalle il Santo)
palazzo Bucchi-Corazzini
e i serpentelli avvinti affissi
come impietriti giacciono
senza rendere quel pomo ben
serrato in lor fauci
(dìcesi pomo proibito e tu
l'interpelli: proibito?)
poi ti addebiti luce, un sospiro
e trotto trotto ti seguo nella scia.
* *
Bettarini
Nursina lux
L
stella - luce
da dove piovi (o nevichi)
sul nursino altipiano
fatta scienza di luce?
allumini traballi - coniglietta -
svampi sguizzi traluci
e qui e là - qua o altrove
tue orme stampi
incontrollabili (e labili
bagliori)
bagni noi
le nostre tremolanti
menti - mani?
sei luce
propria o riflessa riluci?
luce di Norcia o senza possessione
luci? solo so com'anche qua
luce trasecolante
traballi bruci
Maleti
L
A spicchi o tonda
triangolare impronta
che non allarmi e ami
l'umore mi ribalti
- vuoi per connessione, per la
riconosciuta tua magione -
Norcina luce congiunta
a spilli a sprazzi a distese e lampi
appena io traballo e pendo
o capitombolo
ecco il tuo accorrere universale
rammagato inchiostrare di baffi-luce
e rido sotto la tua vòlta salutare
e non vi è pasticcio più risolto
luce di qua sorta
mia luce rinascenza
norcina individuale prassi gioconda
che tuteli t'immischi
fai la ronda.
gabriellamaleti.it
- il sito ufficiale Gabriella Maleti